martedì 17 settembre 2013

15 settembre 2013: Trieste Pro Patria scende in piazza



Il 15 settembre 2013 è stata una giornata di svolta per Trieste e per tutti noi, uno di quei giorni in cui si capisce che qualcosa è cambiato, che non si torna più indietro. Alla prima manifestazione di Trieste Pro Patria, hanno risposto al nostro appello poco meno di 400 persone, dopo solo poche settimane di organizzazione, con scarsi mezzi e nessun supporto finanziario, se non derivanti dal nostro impegno e dai nostri contributi personali.
Ogni momento di questa mattinata resterà indelebile nei nostri ricordi: le ultime ore di frenetica organizzazione, il Largo Bonifacio sempre più gremito di gente, il ricordo del Beato istriano Francesco Bonifacio, il corteo con la corona, il nostro striscione ed un mare di tricolori, le associazioni che ci attendevano in Sant'Antonio ed il “presente” gridato al cielo, in memoria dei caduti del '53 per Trieste italiana.
Per noi è stata una grande vittoria, anche perché abbiamo piacevolmente riscontrato una partecipazione fortemente eterogenea: ci hanno seguito giovani, giovanissimi ed anziani, uomini e donne, famiglie con bambini al seguito, gente di ogni provenienza sociale e di diverse estrazioni politiche, tutti uniti dalla loro identità italiana e dal loro amore per Trieste. A questo proposito, a smentire alcune sciocchezze circolate sulla rete, sottolineiamo che non abbiamo voluto invitare gruppi provenienti da altre città, ma abbiamo contato solo sulla partecipazione dei triestini che si identificano con i nostri ideali; sono peraltro intervenute spontaneamente, comunque gradite ospiti, poco più di una decina di persone provenienti da varie zone d'Italia, che hanno tenuto ad essere presenti in quanto originarie di Trieste o dell'Istria.

Vogliamo ribadire ancora una volta che non si è certo trattato di una “contromanifestazione”, formula che non ci interessa e non rientra nella nostra mentalità. Se siamo scesi in piazza in questa giornata è perchè volevamo ribadire il senso di questo anniversario, una data che fu vissuta come una tragedia nelle nostre terre e dalla nostra gente, ma che oggi, con un'incredibile amnesia storica e identitaria, qualcuno vorrebbe proporre come una festa.
A seguito di quel trattato di Pace firmato il 10 febbraio ed entrato in vigore il 15 settembre del '47, furono cedute alla Jugoslavia ben 3 province italiane, facendo così pagare le colpe dell'Italia alle sole popolazioni d'Istria, Fiume e Zara; le conseguenze della guera perduta furono caricate su gente incolpevole, che per effetto di quell'iniquo trattato furono costrette a lasciare per sempre le loro case, il loro lavoro, le città e la terra dei loro avi; si sparsero per il mondo molte migliaia di nostri fratelli e con essi una cultura dalle radici antichissime. Anche a Trieste, quel 15 settembre del 1947, nessuno festeggiava né il distacco dall'ITALIA né la teorica nascita del TLT, che allora era stata accolta con sorpresa, come una soluzione assurda ed inaspettata, adottata solo perchè le grandi potenze non erano riuscite ad accordarsi in altro modo sul confine italo-jugoslavo.
E' quindi completamente fuori strada chi propone inadeguati paragoni con la manifestazione indipendentista svoltasi a Trieste poche ore dopo, che ha portato in piazza qualche migliaio di persone; noi di Trieste Pro Patria non abbiamo mai inteso la manifestazione come una sfida, non si trattava di una gara di numeri né ci illudevamo di essere più numerosi dei manifestanti di idee opposte. In ogni caso, il confronto tra i due cortei è improponibile per molti motivi, dai diversi mezzi finanziari a disposizione, dai tempi di preparazione molto più stretti ed anche perché, indubbiamente, nei periodi di crisi economica e sociale, i movimenti di protesta hanno buon gioco a raccogliere consensi, a prescindere dai contenuti; è evidente che, oggi, chi parla male dell'Italia trascina facilmente con sé tanta gente stanca, delusa e sfiduciata, che spesso non distingue tra il mal governo della classe politica e la Patria, la cultura, l'identità. A noi non interessa affatto alimentare la solita “guerra dei numeri”, di quelle finalizzate a monopolizzare le opinioni degli assenti, di coloro che, per i più svariati motivi, non sono scesi in piazza. Anche in questo caso, i triestini che non hanno ritenuto opportuno esprimersi sono stati di gran lunga la maggioranza. Una “maggioranza silenziosa” che, evidentemente, non ha ritenuto di dover scendere in piazza per le nostre motivazioni, ma neanche per mettere in discussione l'attuale appartenenza di Trieste all'Italia, cosa assolutamente ovvia per i più. Il nostro intento, lo ribadiamo, non era quello di monopolizzare idee altrui o pretendere di rappresentare la città, bensì ricordare la nostra gente che subì incolpevolmente le conseguenze del “trattato diktat” e chi donò la propria vita per l'italianità della città. Ci siamo mobilitati, insomma, per riaffermare la nostra cultura, la nostra identità, per Trieste e per l'Italia.
La gioia più grande, al termine di questa giornata intensa, è stata la soddisfazione di aver dato vita ad un gruppo affiatato, ad una Comunità capace di compiere sacrifici, incontrarsi quotidianamente, dividersi i compiti ed infine portare in piazza circa quattrocento persone. Questa è la nostrea realtà. ANDIAMONE FIERI! 


 

giovedì 12 settembre 2013

Intervista a Gabriele Bosazzi di TPP

Riportiamo di seguito l'intervista fatta da Andrea Rodriguez (evidentemente simpatizzante di MTL) per Bora.la a Gabriele Bosazzi, rappresentante di Trieste Pro Patria.
A chi avrà tanta pazienza... auguriamo buona lettura!


Andrea Rodriguez: Tu sei il portavoce del Comitato Trieste Pro Patria, cioè quello che mi dirai è posizione ufficiale di Trieste Pro Patria?
Gabriele Bosazzi: Non ci siamo strutturati con delle cariche, quindi di volta in volta il portavoce può essere diverso, previo accordo tra i principali promotori. Oggi sì, parlerò a nome del comitato, salvo eventuali singoli punti che specificherò.
AR Benissimo. Partirei da questa vostra breve presentazione: “Trieste Pro Patria sorge da un gruppo di triestini che non sono affatto disponibili a rinnegare la propria Patria, la propria cultura, le proprie radicibi-millenarie, in una parola, la propria Identità”. C’è qualcuno oggi che secondo voi a Trieste sta facendo queste cose?
GB Decisamente sì. Sinceramente vedere e sentire che tanti triestini di lingua e cultura italiana, senza particolari basi ideologiche di partenza, dicono di non sentirsi italiani, è una delle cose che ci fanno più male.
Inizialmente molti commentavano dicendo “sono i soliti titini”… certo, ci sono anche quelli tra gli aderenti, ma è una spiegazione semplicistica che non descrive completamente il fenomeno e che non ho mai approvato.
AR Tra gli aderenti a cosa?
GB E’ evidente di cosa parliamo: tra gli aderenti e/o simpatizzanti di MTL. Beninteso: non è che non vogliamo capire le motivazioni di questa disaffezione. E’ ovvio che ci sono quelli che hanno sempre nutrito sentimenti “anti-italiani”, ma ci sono anche coloro che sono giunti a questa “disaffezione” in quanto stanchi di tanti anni di malgoverno e di fronte all’evidente crisi di moralità della politica italiana (e triestina). Sono dati di fatto che noi non neghiamo, anzi, molti di noi li hanno sempre denunciati e combattuti. Semplicemente per noi la Patria, l’identità, la cultura sono concetti diversi e più alti rispetto ai governi, a chi regge leistituzioni, ai partiti…
AR Che cos’è per voi la Patria?
GB Dovremmo parlare per definizione di “Terra dei Padri”, ma il concetto è molto più complesso e soprattutto personale. La Patria è evidentemente connessa con la propria identità, è un retaggio linguistico, culturale, storico in cui ci si identifica e non è per forza riferito ad una nazione e ad uno stato. Faccio un esempio: i patrioti istriani e triestini (italiani) tra fine ottocento e inizio novecento definivano la loro regione/città la “piccola Patria” e l’Italia la”grande Patria”. E’ un qualcosa a cui ci si sente di appartenere, al di là di differenze di vedute a livello politico, religioso e quant’altro, un qualcosa che spinge anche a fare dei sacrifici, più o meno grandi. E’ anche qualcosa che può spingere a contestare chi in questo momento tiene le redini dello stato territorialmente connesso alla propria Patria.
AR Non è molto chiaro. Detta così sembra un qualcosa di staccato da “chi in questo momento tiene le redini dello stato territorialmente connesso alla propria Patria”. Però queste persone che “tengono le redini” sono scelte dai cittadini. Quindi, a logica, Patria sarebbe un qualcosa in qualche modo di staccato dai cittadini…
GB Non è del tutto sbagliato, oggi la Patria è certamente un concetto”poco di moda” (definizione per noi assurda ma rende l’idea) e tanti cittadini non ci credono proprio per la mala politica, ma anche per una più complessiva crisi di valori e per il contesto materialista in cui ci troviamo. Poi riguardo alla scelta dei cittadini… non è così difficile pensare che chi gestisce lo stato non sia identificabile con la Patria seppur votato, basti pensare alla crescente percentuale di quanti hanno disertato le urne in questiultimi anni, ma anche a tanti che hanno votato “il meno peggio”,oppure per non far vincere l’opposto ideologico.
AR Per restare concreti, la vostra Patria è l’Italia?
GB Certo. E qui voglio sgomberare il campo da un ricorrente equivoco. L’italianità non è un concetto che nasce con lo stato unitario nel 1861. Il concetto di italianità nasce ben prima e fu messo in evidenza da molti illustri personaggi della cultura italica. Riguardo alle nostre terre, mi piace citare Dante Alighieri, che nella Divina Commedia parla di Pola e del Quarnaro come “termini” d’Italia, non solo in senso geografico ma anche socio-culturale. Fino ad arrivare a Gian Rinaldo Carli, che già nel settecento scrisse un articolo “della Patria degli italiani”, in cui sollecitava una coesione anche politica del frammentato popolo italiano, era nato e cresciuto a Capodistria. Anche queste sono le nostre radici.
AR Anche l’Italia di Letta, di Berlusconi, del PD, di Grillo, quindi…
GB I due che ho citato, come tanti altri, hanno lasciato qualcosa di positivo ed immortale nella cultura italiana. Su quelli che citi tu ho i mieiforti dubbi, ma ai posteri…
AR Ma sono Italia anche loro no? L’Italia di oggi.
GB Certo, ma questo non intacca i valori più alti in cui credo e crediamo.
AR Che sarebbero?
GB L’onestà, lo spirito di sacrificio, il rispetto per chi ha dato la vita per l’Italia, cosa che dovrebbe condizionare le azioni di qualsiasi amministratore; tutto ciò dovrebbe tradursi in un agire politico disinteressato, finalizzato al bene della propria nazione, non ai propri interessi personali e/o al potere, prestigio, protagonismo… Non voglio fare demagogia e dire che tutti i politici hanno queste caratteristiche, ma inquesti anni ne abbiamo visto di tutti i colori.
AR Se però prendiamo la parola “Italia” nel tuo discorso e la sostituiamo con il nome di qualunque altro Paese il discorso non cambia. Sbaglio?
GB Certo. Perchè no, credere nella mia Patria non vuol dire sminuire quella degli altri.
AR Intendevo dire che questi non sono valori legati all’Italia ma è un discorso genericamente nazionalista che suona come: “Ama la tua Patria a prescindere”.
GB Il concetto di nazionalismo è oggi generalmente (a volte a torto) inteso quale esaltazione della tua nazionalità a discapito delle altre. Altra cosa è la Patria. Io direi piuttosto: “Ama la Patria e datti da fare per valorizzarla”.
AR Il discorso non ha nulla a che vedere con lo sminuire gli altri: questa è una cosa della quale parli tu qui senza alcun apparente motivo, ma che io non ho mai menzionato.
Dicevi che per voi “Patria” è l’Italia.
Ma i valori nei quali credete non hanno -nella tua descrizione qui sopra- dei tratti che possano essere considerati peculiari e/o esclusivi dell’Italia. Sono valori che chiunque ama il proprio Paese (qualunque esso sia) ma anche il proprio gruppo, movimento, partito o, addirittura in certi casi, azienda, sottoscriverebbe.
La tua mi sembra un’astrazione che porta ad uno svuotamento di senso e ad una mistificazione: l’Italia (cioè quello che per voi è “Patria”) sarebbe un concetto astratto, basato su valori generici applicabili praticamente a ogni comunità umana.
Ma le cose non stanno così.
Ad esempio, se oggi io sono un militare italiano, io combatto per qualcosa di molto concreto, non solo per idee astratte.
Combatto anche per il Governo Letta, per gli interessi economici dell’Unione Europea della quale l’Italia fa parte, per la Repubblica nata dalla Resistenza, per quella Repubblica che con il Trattato di Osimo ha ceduto delle terre all’allora Jugoslavia in cambio di nulla.
E al tempo stesso non combatto per l’Impero Romano, per i Savoia o per la Repubblica Sociale.
Non trovi?
GB Forse non ci capiamo… Il concetto di non sminuire gli altri l’ho espresso forse fraintendendo il tuo “Se cambiamo la parola “Italia” nel tuo discorso e la sostituiamo con il nome di qualunque altro Paese il discorso non cambia”… ed infatti è così, credo che ladefinizione si possa adattare anche ad un patriota francese, croato ecc.
Ma confermo che il sentimento di Patria sorge da determinate radici linguistiche,culturali e storiche in cui si identifica un popolo, quindi un’azienda, un partito o la squadra del cuore non saranno mai considerabili una patria.
Per l’esempio che hai fatto, è evidente che chi oggi si arruola nelle Forze Armate subirà anche le conseguenze delle scelte di chi oggi gestisce lo Stato: ieri Berlusconi, oggi Letta, domani chissà…
AR Non solo subirà queste conseguenze. Combatterà anche per questi politici,per l’Unione Europea e per la Repubblica Italiana nata nel 1946. Cose molto, molto concrete.
GB Questo rientra nelle conseguenze: rischiare la vita per scelte politiche precise di chi oggi gestisce il governo. Anche per questo ho esordito definendola Patria un concetto anche individuale.
AR ”La mia >>Italia non e’ del 8 settembre ne’ del 25 aprile”. Sto citando testualmente un commentatore vostro simpatizzante. Sai cosa intende questo commentatore?
GB Evidentemente allude al fatto che l’8 settembre un Re e lo stato maggiore dell’esercito hanno lasciato allo sbando e sen za indicazioni decine di migliaia di soldati, oltre a lasciare indifese le popolazioni del confine orientale,esposte alla presa di potere dei partigiani di Tito e poi dei tedeschi. Il 25 aprile poi, dalle nostre parti, sancì solo il passaggio da un’occupazione ad un’altra, compreso il disarmo ed in qualche caso la deportazione dei volontari che avevano preso le armi contro i tedeschi, altro che liberazione. Vicende ben note a te ed ai lettori, del resto…
AR Ma la Patria per la quale dite di combattere è -come mi hai confermato- la Repubblica Italiana nata nel 1946, uno dei valori fondanti della quale è l’antifascismo.
Considerate l’antifascismo un valore? Da quanto scrive il commentatore credo si possa dedurre che per lui non lo è. Per voi Trieste Pro Patria, l’antifascismo è un valore?
GB Per quanto ci riguarda, non esistono valori “anti”, ma valori “pro” un qualcosa. Trieste Pro Patria non sorge affatto per discutere di fascismo o antifascismo, ma per ribadire che a Trieste c’è ancora qualcuno che crede alle radici italiane di queste terre, a prescindere dalla politica. Proprio per questo siamo “trasversali”, abbiamo incassato l’adesione dei socialisti triestini senza aver mai parlato con nessuno di loroe ne siamo felici. Se domani busserà alla nostra porta e vorrà partecipare alla nostra manifestazione un iscritto a SEL o al PD, noi ne saremo più che contenti.
AR Puoi rispondere con un sì o un no alla mia domanda? Parli di valori della Patria, quindi di valori dell’Italia che considerate la vostra Patria e l’antifascismo è costituzionalmente uno di questi valori. Lo considerate un valore?
GB Capisco che vuoi insistere su questa domanda e pensi che io sia evasivo, ma in veste di rappresentante di Trieste Pro Patria questa domanda non ha senso. Ti ribadisco che questo comitato non è sorto per questioni di fascismo ed antifascismo. Il patriottismo italiano dal risorgimento in poi è stato nel tempo rappresentato da personalità di varie opinioni e tendenze. Ad esempio la maggior parte degli irredentisti erano mazziniani. Il fascismo ed il relativo “anti” sono arrivati dopo e non tutti gli irredentisti sono confluiti nel fascismo. Nel nostro comitato c’è gente di varie provenienze e idee… Nessuno ha chiesto a nessuno se fosse fascista o antifascista, in questo contesto non ha senso.
AR Ha molto senso invece visto che come ti ho scritto si tratta di un valore della Patria e voi stessi dite di agire per la Patria. Ti rendi conto della contraddizione che c’è nel tuo imbarazzo nel rispondere con sì o no a questa domanda?
GB Mi spiace ma non ci capiamo e non vedo grandi contraddizioni. Ti ho detto sin dall’inizio che i vari governi e lo stesso “Stato” non sono un tutt’uno con la Patria, tanto che il concetto di italianità cui ci rifacciamo sorge ben prima dell’Unità d’Italia. Quindi non c’è nessun imbarazzo: questo lo vedi solo tu. Io parlo per Trieste Pro Patria e non per me, quindi il fascismo e l’antifascismo sono argomenti che non hanno nessuna valenza nel nostro comitato e nei suoi scopi. Se vuoi che parliamo del Comitato e delle sue attività mi sta bene, altrimenti possiamo anche lasciar perdere.
AR Penso che un cittadino italiano che voglia aderire al vostro comitato ed alle vostre iniziative abbia il diritto di sapere con chiarezza se condividete il valore dell’antifascismo, ma se per voi non ha senso dare questa informazione, ne prendo atto.
Lascio a te ora la possibilità di illustrare la vostra visione. MTL dice che in base al Trattato di Pace del 1947 l’Italia ha perso la sovranità su Trieste e non l’ha mai riacquistata. Voi come la vedete invece?
GB Sul fatto che l’Italia abbia perso la sovranità col Trattato di Pace nonvi è alcun dubbio. Il fatto è che la Storia non finisce nel 1947. Il successivo Memorandum di Londra ha conferito all’Italia l’amministrazione, prendendo atto nelle sue premesse dell’impossibilità di mettere in atto il TLT. Poi il Trattato di Osimo ha definito la sovranità, anche se MTL obbietta che manca la “parola magica”, ma l’art. 1 è chiaro nel definirla.
AR Cito il Trattato di Pace del 1947:
Art. 21. È costituito in forza del presente Trattato il Territorio Libero di Trieste, consistente dell’area che giace fra il mare Adriatico ed i confini definiti negli articoli 4 e 22 del presente Trattato. Il Territorio Libero di Trieste è riconosciuto dalle Potenze Alleate ed Associate e dall’Italia, le quali convengono, che la sua integrità e indipendenza saranno assicurate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
La sovranità italiana sulla zona costituente il Territorio Libero di Trieste, così come esso è sopra definito, cesserà con l’entrata in vigore del presente Trattato.
Dal momento in cui la sovranità italiana sulla predetta zona avrà cessato d’esistere il Territorio Libero di Trieste sarà governato in conformità di uno Strumento per il regime provvisorio, redatto dal Consiglio dei Ministri degli Esteri e approvato dal Consiglio di Sicurezza. Detto Strumento resterà in vigore fino alla data che il Consiglio di Sicurezza determinerà per l’entrata in vigore dello Statuto Permanente, che dovrà essere stato da esso Consiglio approvato. A decorrere da tale data, il Territorio Libero sarà governato secondo le disposizioni dello Statuto Permanente.”
Se ne deduce che il TLT invece venne costituito.
La sovranità italiana cessò.
Il Governatore non fu mai nominato ma che la sovranità italiana cessò e che il TLT venne costituito sono dati di fatto.
Secondo voi quindi la sovranità su Trieste sarebbe stata riconquistata dall’Italia con il Trattato di Osimo?
GB La sovranità venne tolta sulla carta, ma di fatto a chi venne attribuita?
A nessuno, tanto che il TLT sopravvisse solo come Governo Militare Alleato nella zona A e Governo Militare Jugoslavo nella zona B. Una contraddizione originaria insanabile. A conferma della mancata costituzione di un vero stato sovrano, va detto che in entrambe le zone i cittadini mantennero formalmente la cittadinanza italiana, proprio per effetto del Trattato stesso: l’avrebbero persa solo all’entrata in vigore dello Statuto Permanente, cosa che non avvenne.
Mancarono quindi al TLT ’47-’54 tutti gli attributi di uno stato sovrano (cioè che gestisca autonomamente i poteri di governo). Il trattato di Osimo, guardato lucidamente, mise la parola “Fine” ad ogni dubbio lasciato in piedi dal Memorandum di Londra del 1954. Proprio per questo ci furono a Trieste tante proteste: per la rinuncia definitiva alla zona B. L’ipotesi che Osimo sia nullo si basa su argomentazioni molto fragili ed è tutta da dimostrare.
AR Beh, la sovranità su Trieste venne attribuita al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che infatti poi attribuì a sua volta l’amministrazione provvisoria al Governo Militare Alleato.
E non mi risulta esistano prove chel’Italia abbia riacquistato la sovranità. Voi ne avete?
GB La sovranità non è solo un concetto astratto. Si tratta per definizione dell’esercizio dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario. Dal ’54 ciò fugestito dall’Italia e non poteva essere diversamente visto il Memorandum. Dal 3 aprile ’77 (entrata in vigore di Osimo), ciò si è tradotto anche nella regolarità formale. La prova è che dopo Osimo, nessuno, nella comunità internazionale, ha messo in discussione i confini italo-jugoslavi, poi italo-sloveni, anzi…
AR Il discorso fino a Osimo non si pone neppure: l’amministrazione italiana era provvisoria come quella jugoslava dall’altra parte. Prova ne è che Osimo fu per l’appunto una delusione tremenda. Un Trattato contestatissimo sul quale proprio anche recentemente un avvocato udinese, Giovanni Turco, ha chiesto al Prefetto “un parere-chiarimento espresso relativamente all’effetto della divisione dal territorio dello Stato italiano della “Zona B” mediante ratifica parlamentare del Trattato di Osimo, se tale effetto abbia violato in qualche modo il principio espresso nell’inciso iniziale dell’articolo 5 della Costituzione.” Le argomentazioni quindi non sono affatto fragili ed in più è piuttosto singolare che oggi Osimo venga citato come qualcosa di positivo dagli stessi ambienti che nel 1975 lo contestarono duramente. Come lo spieghi?
GB Avevo seguito la vicenda, ma l’avvocato Turco metteva in discussione la validità di Osimo per quanto riguarda la zona B, in quanto avrebbe violato il principio di cui all’art. 5 che sancisce “l’Italia è una e indivisibile”. La violazione sarebbe quindi il distacco dall’Italia della zona B; non credo che quindi si possa tirare in ballo l’indivisibilità dell’Italia per sancire il distacco di Trieste dall’Italia. Inoltre, non mi risulta che quella vertenza abbia avuto esito positivo.
Sul fatto che molti protestavano per la firma del trattato di Osimo e oggi sono costretti a tirarlo in ballo per la sovranità italiana su Trieste non c’è molto da dire… Sono i paradossi della vita. Personalmente, posso dirti che mi sta a cuore la storia della zona B, vista l’attività sulla cultura istriana che portiamo avanti con l’Associazione Pertan. Però guardando lucidamente la cosa dico che nel 1975 il danno era già fatto da tempo: la nostra gente se n’era già andata e dispersa per il mondo da circa vent’anni, i loro beni in buona parte nazionalizzati o comunque occupati da altri…
AR Quello di Turco è solo un ulteriore tassello. Lui sostiene che se per l’articolo 5 della Costituzione «la Repubblica è una e indivisibile» perché allora è bastato un passaggio parlamentare ordinario e non speciale per ratificare il distacco della “Zona B” previsto da quel Trattato, avallando di fatto una modifica alla Costituzione stessa?
Ma ancora più a monte come farebbero due Stati a mettersi d’accordo da soli per modificare un trattato internazionale?
A me viene da pensare che una contestazione sulla validità di Osimo dovrebbe partire (sebbene per motivi opposti da quelli di MTL) soprattutto da un Comitato come il vostro. Come fai a dire “Sul fatto che molti protestavano per la firma del trattato di Osimo e oggi sono costretti a tirarlo in ballo per la sovranità italiana su Trieste non c’è molto da dire… sono i paradossi della vita.”?!?
GB Mi sono e ci siamo documentati anche su molti altri tasselli che alcuni propongono a riguardo e nessuno mi pare convincente.
Rispetto alla possibilità che un trattato modifichi uno precedente tra più firmatari, questa è un’ipotesi prevista espressamente dalla convenzione di Vienna del 1969 e già prima applicata dalle consuetudini internazionali. Nella storia, infatti, ci sono stati diversi casi che rientrano nella fattispecie. Ti posso fare l’esempio delle isole Ryukyu, sottratte al Giappone col trattato di pace di San Francisco,f irmato da 49 stati, poi restituite con trattato bilaterale USA-Giappone nel’71…
Tutto questo non lo diciamo solo noi, ma anche i giudici del TAR nella recente sentenza del 10 luglio; alle stesse conclusioni giunge poi il giudice civile espressosi pochi giorni fa sulla carenza di giurisdizione verso Equitalia.
AR Non mi rispondi su i “paradossi della vita” ma invece è importante perché, non so se ne sei a conoscenza, ma uno degli attacchi più pesanti a Osimo venne da Sardos Albertini, secondo il quale per giungere a stipulare quel Trattato (che lui considera invalido e illegale) – cito testualmente- “si è fatto ricorso ad illegalità, anomalie, mezzi di pressione illeciti e illegali, informazioni errate o travisamento sui fatti inducendo in errore responsabili politici od opinione pubblica, inspiegabili precipitazioni ed ingiustificata segretezza, violazione della Costituzione, dei principi fondamentali di diritto, dei Trattati internazionali, della Carta dell’ONU nonché dei diritti dell’Uomo garantiti dall’ONU stessa”.
Il testo integrale di Sardos Albertini “GLI ACCORDI DI OSIMO NELLA REALTA’ E NEL DIRITTO – Un trattato da non ratificare” è disponibile al sito www.trattatodiosimo.it.
Quello che Trieste Pro Patria sta sostenendo attraverso le tue parole non è in contrasto solo con MTL (che sarebbe anche logico) ma con l’Unione degli Istriani e la Lega Nazionale, storici baluardi di difesa dell’italianità: è una contraddizione di proporzioni notevoli che ti pregherei, se puoi, di spiegare.
Ma proseguo.
Dubito che la Convenzione di Vienna non possa essere applicata in questo caso.
Estratto dall’ Articolo 62 della Convenzione: “2. Un fondamentale mutamento delle circostanze non può essere invocato come motivo per porre termine ad un trattato o per ritirarsi da questo: a) quando si tratti di un trattato che fissa una frontiera;“.
Al di là di questo, che già pone una pietra tombale sulla questione, è un fatto di semplice logica. L’Italia era un Paese sconfitto al quale nel 1947 col Trattato di Pace vengono imposte delle condizioni anche pesanti: come potrebbe semplicemente mettersi d’accordo con uno degli altri Paesi del Trattato? L’Italia era la parte sconfitta, a differenza degli USA nell’esempio delle Isole Ryuku che tu citi.
La sentenza del TAR del 10 luglio e l’ordinanza di pochi giorni fa, stando all’inapplicabilità della Convenzione di Vienna sarebbero anch’esse invalide. Il 17 luglio 2013 invece l’udienza sull’eccezione del difetto di giurisdizione dell’autorità giudiziaria italiana e sul Memorandum di Londra è stata rinviata al 22 gennaio 2014.
Mi dispiace dilungarmi così ma credo sia giusto puntualizzare.
Ricapitolando: come già dicevo siamo ad un’altra contraddizione. La Lega Nazionale e l’Unione degli Istriani si scagliano con un attacco frontale contro la legalità e la validità del Trattato di Osimo e voi invece dite che le argomentazioni sul fatto che sia nullo sono molto fragili, tutte da dimostrare e che da come vi siete documentati non appaiono convincenti. Quindi Sardos Albertini e la Lega Nazionale hanno torto, Osimo è valido ed è tutto regolare?
Ti chiederei cortesemente una risposta secca: sì o no?
GB Ti do una risposta secca che però va poi argomentata alla luce delle tueulteriori articolate considerazioni: Sì, il trattato di Osimo è valido, ma non è affatto vero che Sardos Albertini abbia torto, in quanto lui sostiene lastessa cosa”. PAOLO Sardos Albertini, Presidente della Lega Nazionale, nel 2013 afferma pubblicamente nella sua intervista a Il Piccolo: “Sarà solo col Trattato di Osimo che avverrà la cessazione della sovranità italiana a favore della Jugoslavia”… e poco dopo: “Per quanto detto, è chiaro che il territorio già destinato al TlT è attualmente, a pieno titolo, in parte Italia e in parte Slovenia e Croazia”. Invece, il testo che hai estrapolato è tratto dal libro di LINO Sardos Albertini, “GLI ACCORDI DI OSIMO NELLA REALTA’ E NEL DIRITTO – Un trattato da non ratificare”, edito nel 1976, cioè prima della ratifica del trattato; va quindi letto nel contesto storico di allora, cioè nel tentativo di far cambiare idea all’Italia, affinché non ratifichi il trattato (da cui il titolo). Riassumendo: Paolo Sardos Albertini considera valido il trattato di Osimo e non è in contraddizione con noi, anzi, ci ho parlato recentemente e la pensiamo allo stesso modo. Nessuna contraddizione, come non ce n’erano nei punti precedenti.
Mi riallaccio a questo per risponderti sui “paradossi della vita”.
Chi all’epoca contestava il trattato di Osimo lo faceva sulla base delle considerazioni che hai ripetuto anche tu, in merito alla segretezza con cui fu condotto, al fatto che non vi era prevista nessuna contropartita, all’inconsistenza degli accordi economici, alla zona franca industriale a cavallo del confine ecc ecc., non su argomentazioni tecniche sulla regolarità dell’accordo in quanto modifica del trattato di pace.
Oggi, 2013, anche facendo finta che non ci sia un movimento che vuole ricostituire il TLT nella zona A, che senso avrebbe chiedere l’impugnazione del trattato di Osimo per recuperareall’Italia la zona B, con la maggioranza della popolazione autoctona partita da quasi 60 anni, con la maggior parte dei beni degli esuli ormai alienati aprivati e quindi irrecuperabili, con una situazione etnico-sociale completamente mutata e nel contesto dell’Unione Europea nella quale i confini stanno cadendo? Come si penserebbe di rivendicare una cosa del genere senza essere accusati di fomentare nuove tensioni tra gli Stati confinanti? Oggi, il giudizio morale su quel trattato rimane lo stesso, cioè assolutamente negativo, nessuno di noi lo sta santificando, anzi; ma se guardiamo con lucidità i documenti, non si può che prendere atto che esso ha messo una pietra tombale sul confine orientale d’Italia, nel bene e nel male.
Venendo alla tua obiezione tecnica (già fattaci da diversi sostenitori delTLT), l’art. 62 della convenzione di Vienna che citi fa divieto di invocare un “fondamentale mutamento delle circostanze” come motivo per PORRE TERMINE AD UN TRATTATO O PER RITIRARSI DA QUESTO. Nessuna ha mai sostenuto che, col Memorandum del ’54 né con Osimo nel ’75, l’Italia abbia posto termine al trattato di pace o si sia ritirata da esso. Invece, gli artt. 30 commi 3 e 4 esoprattutto l’art. 41 della convenzione stessa prevedono la possibilità di modificare parzialmente singole parti del precedente trattato, nella parte che riguarda i soli due stati contraenti del successivo trattato, ponendo due condizioni pienamente rispettate in questo caso, cioè: 1) che il nuovo trattato non pregiudichi il godimento da parte delle altre parti dei diritti che esse ricavano dal precedente trattato, né l’adempimento dei loro obblighi; 2) che la modifica non riguardi una disposizione alla quale non si possa derogare senza che vi sia incompatibilità con la realizzazione dell’oggetto e dello scopo del trattato precedente, considerato nel suo complesso.
Mi pare assolutamenteevidente che 1) nessuno stato firmatario del trattato di Parigi aveva un interesse diretto e concreto collegato alla definizione del confine italo-jugoslavo né, viceversa, alla costituzione o meno del TLT; 2) La modifica determinata dal Memorandum e da Osimo non comporta alcuna incompatibilità con la realizzazione dell’oggetto e dello scopo del Trattato di Parigi, cioè (traendo spunto dalle relative premesse): “concludere un trattato di pace che, conformandosi ai principi di giustizia, regoli le questioni che ancora sono pendenti a seguito degli avvenimenti di cui nelle premesse che precedono, e che costituisca la base di amichevoli relazioni fra di esse, permettendo così alle Potenze Alleate ed Associate di appoggiare le domande che l’Italia presenterà per entrare a far parte delle Nazioni Unite” e successivamente ”dichiarare la cessazione dello stato di guerra”.
Confermo la pertinenza dell’esempio delle isole Ryuku, visto che il Giappone era una nazione sconfitta così come l’Italia, gli USA erano invece uno stato vincitore come la Jugoslavia.
Riguardo al rinvio del processo Giurastante del 17 luglio, io credo che MTL abbia montato il caso gridando allo scandalo, sfruttando un rinvio per motivi tecnici come ce ne sono molti ogni giorno e che si colloca nel contesto della ben nota lentezza della giustizia italiana. Mi pare un po’ ingenuo credere che sia stato deciso un rinvio perché un giudice “non sa che pesci pigliare”, quando ci sono state altre sentenze chiare in merito, di cui l’ultima pochi giorni prima, la quale, seppur prodotta da un giudice amministrativo, esprime una disamina dettagliata, mettendo sul piatto d’argento argomentazioni concretea chi dovrà esprimersi in seguito.
Concludo dicendo che una sentenza non è la Bibbia, può essere impugnata ed annullata, ci provino e staremo a vedere. Aspettiamo la nuova udienza sul caso Giurastante e stiamo ugualmente a vedere. Altrimenti prendano atto che la giustizia italiana non dà le risposte chevogliono e si rivolgano in sede internazionale… e anche su questo staremo a vedere. In particolare, mi piacerebbe vedere come l’ONU potrebbe sancire l’integrale applicazione del Trattato di Parigi per la sola zona A, dando vita ad un “mezzo TLT”.
AR Cito un paragrafo dall’introduzione di “GLI ACCORDI DI OSIMO NELLA REALTA’ E NEL DIRITTO – Un trattato da non ratificare”:
Attenta alle vicende della storia, economica e culturale delle terre giuliane, la Lega Nazionale pubblicando le pagine che seguono, si eleva fedele portavoce, ancora una volta,della protesta, come sempre civile, ma ferma, basata su salde e inconfutabili argomentazioni, non solo di carattere politico, ma anche di natura economica e giuridica, degli italiani della Venezia Giulia, avverso questi atti che, gratuitamente e senza giustificazione, oltre a mutilare l’Italia di parte del suo territorio nazionale, danneggiando gravemente la già situazione politica, economica, sociale ed etnica di Trieste, creando, altresì, la premessa a possibili futuri ulteriori dannosi avvenimenti per queste terre di confine.
Ed è verissimo: si tratta sì di due persone diverse, Lino e Paolo Sardos Albertini, ma entrambe schierate assolutamente sullo stesso fronte, tanto che il libro di Lino uscì per i tipi della Lega Nazionale, la quale firma l’introduzione che ho riportato, e lo si trova online sul sito che ho citato, che è un sito della Lega Nazionale.
Come giustamente hai ricordato tu, Paolo -che a differenza di Lino è ancora vivo- ha rilasciato qualche mese fa al Piccolo quell’intervista che –ribadisco- mi sembra in netta contraddizione con quelle che sono sempre state le posizioni delle associazioni dei Sardos Albertini.
I lettori si faranno la loro idea.
La mia è che se nel 1975 sottoscrivo un attacco pesantissimo alla validità ed alla legalità di un Trattato non posso nel 2013, solo perché ora mi fa comodo, sostenere che quel Trattato è valido e legale.
Riguardo all’argomento Convenzione di Vienna continuo a pensare che non sia applicabile in questo caso: non solo esiste una pagina zero del Trattato di Osimo, quasi mai pubblicizzata, nella quale, all’atto della registrazione di Osimo presso le Nazione Unite (cosa che stranamente avvienes olo nel 1987), le stesse prendono atto della registrazione ma fanno notare che ciò non implica una modifica del Trattato del 1947 o del Memorandum del 1954, ma –come peraltro hai detto anche tu- nel Trattato di Osimo non viene mai menzionata la sovranità.
E mi pare ovvio il motivo: essendole stata tolta nel1947 con un Trattato internazionale, l’Italia non può riprendersela nel 1975 con un semplice accordo bilaterale, invocando Vienna.
A me inoltre appare assolutamente evidente che gli USA avessero un interesse diretto e concreto collegato alla definizione del confine italo-jugoslavo, e della mia idea era anche Sardos Albertini (questa volta Paolo) quando rilasciò un’intervista nella quale disse: ”Così negli anni Novanta in una relazione della Commissione stragi, risultava ufficialmente che negli schemi difensivi all’epoca di Osimo, la Nato poneva quale prima linea difensiva dal Patto di Varsavia, la Jugoslavia. L’Italia era l’alleato per eccellenza, ma alleato di retrovia. Erano state proprio le pressioni degli Stati Uniti a determinare la firma del Trattato. Tito, in quel periodo, si trovava ad affrontare un dissenso interno che a fatica era riuscito a bloccare rispolverando atteggiamenti da dittatura del dopoguerra. Aveva bisogno di un segnale forte da esibire all’opinione pubblica e gli Stati Uniti l’aiutarono consegnando, di fatto, l’Istria con Moro consenziente e dopo un viaggio di Berlinguer negli USA. I due protagonisti del compromesso storico scesero così a patti”
Ma, ripeto, queste sono opinioni mie sui motivi di certe scelte (probabilmente obbligate) dell’Italia come quelle su Osimo, la cui contropartita ritengo sia stata il silenzio degli USA sul discorso della sovranità su Trieste.
A proposito di Italia, qual è il vostro giudizio sull’amministrazione italiana a Trieste dal 1954 a oggi?
GB Andando per ordine: non sta certo a me dimostrare la coerenza o meno della Lega Nazionale nel corso di tanti anni. Se posso dire la mia opinione, la posizione odierna mi pare corretta e non credo che sia un’impostazione di comodo, ma semplicemente una presa d’atto, pur conservando intatte le considerazioni sulla negatività di quel trattato.
Il discorso della “pagina zero” mi è ben noto (ho discusso con tanti inquesti mesi e mi sono letto nei dettagli le teorie di MTL soprattutto dal loro sito). Mi sembra una colossale bufala, perché leggendola, non si evince da nessuna parte un riferimento al presunto fatto che la registrazione “non implica una modifica del Trattato del 1947 o del Memorandum del 1954”; lo dice il sito di MTL nel suo commento ma non lo dice la nota che loro riportano, che neanche cita i due precedenti trattati. La nota inizia col ricordare che a norma della Carta delle Nazioni Unite, qualsiasi trattato va registrato, altrimenti una parte contraente di quel trattato non potrà “invocarlo” davanti all’ONU. Il secondo paragrafo invece prende atto di una carenza della Carta e del regolamento dell’ONU, che non definiscono il concetto di “trattato” e di “accordo” e lascia quindi allo stato depositante la responsabilità di attestare che si tratti veramente di un “trattato”, liberando il segretario ONU da responsabilità in merito. Questo c’è scritto effettivamente sia nella versione inglese che in quella francese, il che mi sa tanto di formula standard, più che di un qualcosa di scritto appositamente per il trattato in questione, ma su questo non ho certezze.
Mi piacerebbe poi vedere una qualche prova che questo documento sia riferito al trattato di Osimo, che non sia la scritta a penna in alto a destra, che può aver fatto chiunque; se questa prova sarà pubblicata ne prenderò atto. Piccola precisazione: non ci sono dubbi che il trattato sia stato registrato (seppure con il forte ritardo di cui non ho spiegazioni), in quanto è pubblicato dall’ONU nel suo “Treaty series – Recueil des traités”, con tutti gli estremi delle ratifiche di Italia e Jugoslavia, dell’entrata in vigore e della registrazione; lo si trova in rete, senza nessuna pagina zero.
Riguardo alla mancanza dell’esplicita parola “sovranità”, mi sembra un tentativo di cercare il cavillo. Accade spesso che norme o trattati non usino la parola più esplicita ma descrivano comunque lo stesso concetto. L’art. 1 neld efinire “La frontiera tra la Repubblica Italiana e la Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia, per la parte che non è indicata come tale nelTrattato di Pace” stabilisce chiaramente che tutto ciò che sta al di qua del confine delineato è di competenza italiana, senza fare più alcuna differenza giuridica tra ex zona A ed il resto del territorio italiano; parimenti, tutto ciò che sta al di là del confine è di competenza jugoslava senza più differenze giuridiche tra l’ex zona B ed il resto del territorio jugoslavo. Cosa può significare tutto questo, se non la formalizzazione di una sovranità che di fatto era già esercitata da entrambe le parti? Io la vedo così.
Riguardo alla teoria sul sollecito dagli USA per stipulare Osimo, questa è stata confermata anche da fonti politiche e la ritengo plausibile. Da qui a dire che gli USA ripagarono l’Italia con il “silenzio su Trieste” ce ne passa esarebbe tutto da dimostrare.
Per quanto riguarda l’ultima domanda, quella italiana la vedo una gestione a luci ed ombre, ma negli ultimi anni sono queste ultime a prevalere in assoluto.
AR Ti ringrazio della disponibilità e se vuoi aggiungere qualcosa fai pure.
GB Voglio ribadire che quella che abbiamo indetto per il 15 settembre non sarà una “contromanifestazione”, bensì una manifestazione per gli ideali che le nostre associazioni hanno sempre sostenuto. Sarà una presenza che, soprattutto, vuole ricordare cosa significò per istriani fiumani e dalmati il trattato di pace del ’47, che oggi qualcuno pretenderebbe di evocare come una “festa”; una presenza che ricorderà anche, in p. S.Antonio Nuovo, chi ha dato la vita perché questa città tornasse all’Italia.
Sia chiaro che con questo Trieste Pro Patria non vuole certo dar vita a tensioni, provocazioni o ricreare nuove contrapposizioni, in una città che ha invece bisogno di coesione per guadagnarsi un futuro migliore.

venerdì 6 settembre 2013

Nessuna tensione. TPP intende solo ribadire l'anima italiana di Trieste


COMUNICATO STAMPA TRIESTE PRO PATRIA

In relazione ad un delirante articolo ed a vari messaggi privati diffusi oggi in rete, riguardo alla manifestazione da noi organizzata, precisiamo quanto segue.
Trieste Pro Patria non cerca e non cercherà mai lo scontro con nessuno. La nostra manifestazione non intende affatto provocare chi la pensa in maniera opposta a noi né “intimorire i cittadini” ed è stata volutamente organizzata in orario e luogo nettamente diversi dalla manifestazione di Movimento Trieste Libera, proprio per evitare l'innescarsi di qualsiasi tensione.
Il Comitato Trieste Pro Patria, inoltre, non è affatto formato “da movimenti dell’estrema destra italiana”, bensì da un crescente numero di associazioni operanti sul nostro territorio in ambito storico e culturale.
Ribadiamo per l'ennesima volta che siamo un gruppo spontaneo e trasversale, non collegato ad alcun partito ed aperto a chiunque condivida i nostri intenti già ampiamente diffusi, a prescindere da idee e provenienze politiche.
Auspichiamo che le forze dell'ordine non cadano nel tranello di chi, agitando lo spauracchio dell'estrema destra e di improbabili tensioni di piazza, vuole forse limitare la libertà di esprimersi a chi la pensa in maniera diversa.
Come sempre dimostrato sinora, saremo composti e civili, ma fermi ed orgogliosi nel sostenere i nostri ideali, nelle piazze come in ambito virtuale.

Trieste, 6 settembre 2013