martedì 28 ottobre 2014

60° anniversario del ritorno di Trieste all'Italia: il corteo di Trieste Pro Patria


Ad un paio di giorni dal corteo organizzato per il 60° anniversario della seconda Redenzione di Trieste, abbiamo addosso un turbine di emozioni e di sentimenti che ancora ci scuote... Ma su tutte, la sensazione dominante è un grande orgoglio, orgoglio di aver portato in strada tante persone di ogni età, provenienza politica e sociale, raccolte intorno al formidabile manipolo di militanti di Trieste Pro Patria.
Qualcuno, ovviamente, scatenerà la sua guerra dei numeri, i soliti noti vorranno provare a deriderci sostenendo che le circa 250 persone che hanno sfilato con noi siano i proverbiali “4 gatti”... fatica sprecata, perché a noi i numeri interessano poco! L'importante, in questa come in altre occasioni, era esserci e far sentire la nostra voce, presenti tra la gente, forti di un'ideale superiore, contro le mode, contro veleni ed insinuazioni, contro la malapolitica alla quale qualcuno tenta maldestramente di associarci, contro il vuoto di ideali, contro il disimpegno ed il materialismo oggi dilaganti... contro tutto e tutti, siamo nuovamente tornati a manifestare per le strade della nostra città, "armati" solo di alabarde e di tricolori, di bandiere istriane, fiumane e dalmate, i simboli della nostra identità, della nostra appartenenza culturale. E' stato un corteo energico, coloratissimo, vociante, giovanilista, movimentista... da brividi. Negli occhi dei partecipanti di ogni età c'era tanta voglia di Italia, ma di un'Italia migliore, onesta, pulita, dell'Italia che abbiamo sempre sognato, libera e sovrana, degna del suo passato e di chi ha fatto grande la nostra cultura.
C'era in ognuno la voglia di gridarlo in faccia al mondo vile, ai poteri forti, ai rinnegati presenti in ogni dove, ai benpensanti talvolta insofferenti della nostra esuberanza; siamo orgogliosi di avere dato una scossa a centinaia di triestini che finalmente hanno manifestato con foga la loro identità, ora sappiamo che dietro a noi ci sono tante persone, che possiamo contare su tanti ragazzi, uomini e donne che in silenzio condividono i nostri sentimenti e sono pronti a rispondere al nostro appello, a scendere in piazza per difendere la nostra Identità.
Tutto questo, evidentemente, dà molto fastidio a chi da molti giorni spargeva odio in vista di questo fine settimana, non tanto e non solo contro di noi, ma contro l'italianità in generale, contro la storia della nostra città e della nostra regione. Qualcuno ha quindi tentato la via del tranello, della provocazione, persino dell'infame offesa ai caduti che stavamo solennemente ricordando, ma la pazienza dei nostri patrioti è stata più forte, per quanto la situazione lo potesse consentire.
Ovviamente, ciò che affrontiamo noi oggi non è assolutamente paragonabile a quanto faceva e quanto rischiava chi scendeva in piazza 60 anni fa. Proprio per questo, sulla scalinata della chiesa di Sant'Antonio, abbiamo onorato i 6 triestini caduti vittime della Polizia Civile nel novembre 1953, scandendo i nomi di Piero Addobbati, Erminio Bassa, Leonardo Manzi, Saverio Montano, Francesco Paglia e Antonio Zavadil, seguiti dal “PRESENTE” lanciato al cielo con fierezza. Abbiamo concluso ricordando il senso di questa manifestazione: celebrare un momento decisivo della storia contemporanea triestina: quell'ultimo ritorno alla Madre Patria che la maggior parte dei triestini aveva ampiamente dimostrato di volere; mentre manifestavano per quel risultato in condizioni assai diffili, essi non pensavano affatto ad un ipotetico benessere, a vantaggi economici che ci sarebbero stati o meno, essi reclamavano semplicemente il diritto a manifestare la propria identità italiana, il desiderio di tornare uniti ai propri connazionali, nel bene e nel male, nei momenti positivi come in quelli difficili. Proprio per questo, chi oggi continua a ripetere che il ritorno dell'Italia a Trieste non è stato “un buon affare” dimostra di non comprendere cosa accadeva all'epoca e non sposta di un millimetro i nostri ideali. Parimenti, abbiamo sottolineato che non possiamo e non vogliamo dimenticare che in quel fatidico 26 ottobre del 1954, mentre a Trieste si gioiva, in Istria si piangeva, preparandosi ad un nuovo tragico esodo, per la definitiva consegna alla Jugoslavia della zona B e persino di un tratto di zona A, da Albaro Vescovà a Punta Grossa.
Oggi, nello sfacelo della politica e nella totale sfiducia verso le istituzioni, proliferano indipendentismi e pare di moda rinnegare la propria identità, l'odierna bufera spazza le coscienze spaesate, come foglie autunnali sollevate e disperse da ogni soffio di vento. Ma in mezzo alla tempesta, c'è ancora chi ha radici ben piantate e resiste a qualsiasi intemperia, saldo nel suo ideale, coerente nella sua coscienza.
LE RADICI PROFONDE NON GELANO

(foto Bosazzi e Viezzoli)