Il
primo maggio è da molti anni una data particolare per la città di
Trieste, dove le tradizionali istanze legate al mondo del lavoro si
intersecano con l’anniversario della tragica occupazione da parte
delle truppe di Tito.
Settant’anni
fa iniziavano i famigerati “40 giorni” per Trieste e Gorizia, ma
cominciava anche la definitiva occupazione, poi divenuta cessione, di
buona parte della Venezia Giulia. Un periodo buio della nostra
storia, caratterizzato da sommarie uccisioni, deportazioni,
intimidazioni indiscriminate, fatti storici ormai acclarati che
ancora oggi qualcuno si ostina a negare o minimizzare, anche parlando
di “liberazione” di Trieste da parte del IX Korpus jugoslavo.
Ogni anno purtroppo i più fanatici nostalgici di Tito approfittano
della ricorrenza dei lavoratori per celebrare invece quella nefasta
occupazione, ostentandone i simboli in una grottesca parata
dell’orrore.
Trieste
Pro Patria ha deciso ancora una volta di scendere in piazza per non
rimanere impassibile di fronte all’inutile e logora sfilata
tradizionale, che da un lato permette a qualcuno di sfilare con
bandiere jugoslave, bustine titoiste e tricolori lordati dalla stella
rossa, dall’altro non riesce a denunciare con forza i veri problemi
che oggi attanagliano il mondo del lavoro e le precise responsabilità
di chi gestisce il potere politico-economico.
Anche
per questo, nel suo mobilitarsi, Trieste Pro Patria non si limita a
ricordare il passato, ma si fa promotrice di una campagna di
sensibilizzazione sulle reali cause dell’attuale crisi
occupazionale e invita a riflettere su quali possano essere le
concrete soluzioni per dare un futuro dignitoso all’Italia.
Le
proposte di Trieste Pro Patria
SI
A
uno Stato che si erge al di sopra del mercato, dirigendone e
disciplinandone il funzionamento;
A
uno Stato sovrano e libero di agire nell’interesse dei suoi
cittadini;
A
controlli più stretti sulle società multinazionali;
Alla
spesa pubblica per far ripartire l’Italia (creazione posti di
lavoro, infrastrutture, lavori pubblici);
Allo
Stato Sociale e alla tutela dei lavoratori.
NO
Alla
globalizzazione e al neoliberismo;
All’Unione
Europea e ai principi di libera circolazione di merci e capitali;
A
un modello economico che svilisce l’essere umano, considerandolo un
semplice strumento produttivo;
A
chi specula sul lavoro altrui con forme sempre più estreme di
precariato che vanno abolite;
All’austerità.