giovedì 19 novembre 2015

L'ITALIA OLTRE I CONFINI


Sabato 24 ottobre, nell’ambito del 61° anniversario del ritorno di Trieste all’Italia, Treste Pro Patria, in collaborazione con la Lega Nazionale e con il gruppo "Essere italofoni", ha dato vita ad un’intensa giornata intitolata “L’Italia oltre i confini”.
61 anni fa la nostra terra visse momenti di gioia e di tragedia al tempo stesso, quando Trieste si ricongiungeva alla Patria per l’immensa gioia della gran maggioranza della popolazione, mentre l’ultimo lembo d’Istria ne veniva strappato per sempre, causando nuovo dolore ed un nuovo esodo.
Oggi è importante ricordare tutto questo, ma anche impegnarsi affinché la cultura della nostra gente non si dissolva, travolta dalla globalizzazione e dal disimpegno generale. Con questo spirito abbiamo appoggiato il Convegno “Essere italofoni”, che si propone di fare il punto sullo stato della lingua e della cultura italiana al di fuori degli attuali confini, nelle aree di storica diffusione delle stesse.


ESSERE ITALOFONI ED ESSERE ITALIANI… LINGUA E IDENTITA'


In occasione del 61° anniversario della seconda redenzione di Trieste all'Italia (e della conseguente perdita degli ultimi territori istriani dell'allora zona B del defunto Territorio Libero), Trieste Pro Patria e la Lega Nazionale hanno ospitato e patrocinato il primo convegno del gruppo “Essere Italofoni” fondato e gestito da Massimiliano Fabbri.

In una sala gremita della storica sede di via Donota, sono intervenuti numerosi rappresentanti delle associazioni di esuli e istriani attualmente residenti, che hanno aperto i lavori con i saluti introduttivi e con le loro considerazioni sul tema (Antonio Ballarin, presidente di FederEsuli, Maurizio Tremul della Giunta Esecutiva  dell'Unione Italiana, Emanuele Braico, presidente dell'Associazione delle Comunità Istriane), preceduti ovviamente da quelli del presidente della Lega Nazionale Paolo Sardos Albertini, di Trieste Pro Patria Antonino Martelli e dell'ideatore di “Essere Italofoni”, Massimiliano Fabbri. Luca Cancelliere, attivo nello stesso gruppo, ha pensato invece a fare da moderatore.
Ampio spazio, in seguito, è stato lasciato agli ospiti, i quali hanno presentato alla platea interessata le peculiarità della situazione odierna in cui si trova la “lingua del sì” nei diversi territori della regione geografica italiana non appartenenti alla Repubblica: Corsica, Canton Ticino, Malta, Istria, Fiume e, inoltre, Dalmazia.


Paul Colombani, proveniente dalla Corsica, ha aperto i lavori presentando la natura italo-romanza della lingua corsa. Nonostante la pesante dominazione francese che solo in tempi recenti ha riconosciuto il corso come lingua regionale, l'italiano mantiene un canale privilegiato di diffusione.



Fervente, invece, l'approccio di Luciano Milan Danti, di Ronco sopra Ascona, che ha più volte rimarcato come l'identità ticinese sia da considerarsi lombarda e insubre, sottolineando le difficoltà di mantenere un'identità italiana, sovente associata al malaffare politico da chi non è in grado di distinguere tra Stato e Nazione, in un paese estremamente ricco e prospero come la Svizzera, sebbene il Ticino – secondo Danti – vada considerato «una fetta d'Italia non amministrato da essa». A riprova di questa difficoltà, l'italiano sta perdendo progressivamente terreno per importanza, prestigio e numero di parlanti nella Confederazione al di fuori di Ticino e valli del Grigioni (nda).

È stata poi la volta dei rappresentanti delle terre a noi contigue: Istria, Fiume e Dalmazia.
Valentina Petaros, archivista e dantista, laureata a Trieste ma residente ad Albaro Vescovà (Scoffie), ha illustrato le numerose problematicità della diffusione della lingua italiana a Capodistria (a livello di distribuzione di materiale informativo, pubblicitario etc), nonostante lo status di lingua minoritaria. A ciò si aggiunge una mal digerita sopportazione per l'evidente lascito culturale e storico italiano da parte della comunità slovena, che ha causato spiacevoli imbarazzi politici alla stessa Petaros, che svolge anche il ruolo di consigliere della Circoscrizione del suo comune.

Ingrid Sever, fiumana, ha invece posto il fulcro del suo discorso sull'educazione. Insegnante in un istituto italiano, tocca con mano giorno dopo giorno la complessa (negli anni '50 e '60 vennero chiuse molte scuole in un clima di focosa anti-italianità), ma allo stesso tempo stimolante, situazione della lingua italiana nella città quarnerina. Evidente la responsabilità e il compito dell'educazione nello sviluppo della lingua e cultura italiana che la relatrice ha voluto evidenziare in maniera marcata.


Robusto è stato l'intervento dello spalatino Giorgio Martinic – o sarebbe meglio dire Martinis – che ha introdotto la sua prolusione salutando i partecipanti con il motto perastino Ti con nu, nu con Ti. La Dalmazia è stata la prima dei territori del versante levantino dell'Adriatico a subire le conseguenze della deitalianizzazione già a partire dall'inizio del XIX secolo. Ridotti a poche centinaia sparse lungo la frastagliata costa e sulle isole, gli italiani hanno avuto gravi difficoltà a mantenere e rivitalizzare la lingua di Dante. Oggi cuore del nazionalismo croato, la Dalmazia non riconosce la storica presenza italiana, al punto che le poche comunità italiane devono lottare strenuamente per ottenere risultati significativi: uno di questi l'apertura di un asilo italiano a Zara. Oggigiorno è il turismo a far nuovamente riecheggiare l'italiano tra le calli delle città dalmate.



Interessante, infine, il contributo di Anna Porcheddu, lettrice sarda di lingua e letteratura italiana che insegna e vive a Malta e che ha presentato – attraverso numerosi contributi fotografici – la composita realtà linguistica del piccolo arcipelago, in cui italiano, inglese, siciliano e maltese convivono in un originale sincretismo linguistico, nonostante l'inglese stia progressivamente fagocitando i vari sostrati del parlato, soprattutto tra le giovani generazioni, dato ricavato, dalla studiosa, dal minor grado di comprensione dell'italiano da parte degli studenti universitari maltesi rispetto al recente passato.

Mentre nelle università si tende sempre più a sostituire l'italiano con l'inglese per essere al passo coi tempi, mentre viene ritenuto sempre più indispensabile, cool e trendy esprimersi con un linguaggio infarcito di anglicismi, la difesa della nostra lingua deve diventare una battaglia non più di retroguardia compito solo della classe intellettuale, ma una lotta quotidiana di opposizione alla barbarie globalizzante e piallante che ci vorrebbe tutti consumatori di un unico grande mercato e parlanti un'unica lingua.


Nel ringraziare tutti gli intervenuti, Trieste Pro Patria si augura di rinnovare presto l'appuntamento, nella speranza che ciò che hanno seminato gli italofoni dei territori non più italiani possa essere raccolto dalle future generazioni, tornando a parlare non solo di lingua e cultura, ma anche di identità. Perché – come ci ha ricordato a fine convegno Andrea Stupar, giovane polesano residente da anni a Trieste – essere italofoni significa anche essere italiani, oltre le mode esterofile e le convenienze economiche.



FIACCOLATA TRICOLORE A SAN GIUSTO


Terminati i lavori, nel pomeriggio si è tenuta una fiaccolata organizzata dalla nostra Associazione sul colle di San Giusto, alla quale hanno partecipato un centinaio di persone. Il corteo ha toccato i diversi monumenti posizionati lungo il parco: quello ai caduti delle foibe, alla fine dei 40 giorni titini a Trieste e quello ai caduti della prima guerra mondiale, e si è concluso con una fumogenata tricolore che ha colorato il cielo triestino.
(Foto Franco Viezzoli)