Riportiamo
l'intervista realizzata da Lorenzo Natural, pubblicata su La Gazzetta Giuliana
del 27/09/2013.
Brevemente, ci può delineare come, quando e perché nasce il comitato Trieste Pro Patria?
Trieste
Pro Patria nasce quando dei privati cittadini decidono di ribadire il
sentimento di italianità della città di Trieste, in un momento in
cui questo viene osteggiato da più parti, in particolare da un
movimento neoindipendentista che si rifà a un fantomatico Stato che
non è mai nato, il Territorio Libero di Trieste, e che, facendo leva
sulla disperazione della gente dovuta alla crisi economica, sta
riportando in auge sentimenti anti-italiani che una città come
Trieste non può tollerare sotto nessun punto di vista. Abbiamo
aspettato invano che le istituzioni intervenissero fin tanto che
abbiamo deciso di intervenire noi, da soli.
Il
vostro è, come sottolineate, un movimento apartitico: tuttavia siete
stati da più parti accusati di essere ricettacolo della «nociva
destra cittadina». Cosa rispondete in merito?
La
trasversalità è garantita ed è un principio costituente del
comitato. Detto questo, attualmente – è inutile nasconderlo – le
persone che formano il comitato provengono prevalentemente dall'area
della destra locale. Tuttavia la trasversalità delle tematiche che
andiamo a toccare, quali la difesa dell'italianità e del tricolore,
crediamo debbano essere condivise da tutte le parti politiche,
pertanto siamo aperti anche a persone di altre appartenenze
politiche, anzi, alcune si sono già avvicinate al nostro comitato e
non abbiamo alcun tipo di preclusione.
Trieste
Pro Patria è salito alla ribalta il 15 settembre scorso, quando
nella mattinata è sfilato il “Corteo Tricolore” che ha portato
in strada circa 300 persone, secondo i dati della questura. Nel
pomeriggio si è svolta una seconda manifestazione, quella indetta
dal Movimento Trieste Libera, che ne ha portato, invece 3500, sempre
secondo la questura. C'è stata la volontà di porsi in antagonismo
con il MTL? Vi ritenete soddisfatti della partecipazione alla vostra
manifestazione?
Dal
punto di vista partecipativo non possiamo che ritenerci soddisfatti:
sfidiamo qualunque movimento triestino, nato e organizzatosi in tre
settimane, a portare in piazza un simile numero di persone. Al di là
di questo, noi non avevamo nessuna intenzione di paragonarci e di
raffrontarci a qualsivoglia movimento antagonista che possa
manifestare per qualsiasi tipo di argomento; noi siamo scesi in
piazza perché il 15 settembre rappresenta l'entrata in vigore del Trattato di
Pace di Parigi del 1947 che ha determinato dei confini che sono, come
citato nel nostro volantino, dei confini iniqui e antistorici che
hanno separato l'identità nazionale di tutta la Venezia Giulia, in particolare la regione istriana e le città di Fiume e Zara.
A
proposito di Venezia Giulia, come vedete l'istituzione di una regione
con due provincie autonome sulla falsariga del Trentino-Alto Adige:
quella del Friuli, con Udine suo centro naturale, e quella
della Venezia Giulia appunto – quindi Bisiacaria e Goriziano
compresi – con Trieste?
Partendo
dal presupposto che attualmente non ci siamo ancora posti degli
obiettivi politici perché è francamente prematuro l'idea di
un'autonomia maggiore per un'ipotetica provincia della Venezia Giulia
e per la città di Trieste sarebbe, a mio esclusivo avviso, da
perseguire, in quanto anche le peculiarità storiche della città
richiedono una capacità di autoamministrarsi che debba essere
slegata dalla restante parte della regione.
Ha
parlato di Trieste come città sui generis nel contesto
italiano. Tornare a discutere di nazionalismo in queste terre non può
essere percepito come antistorico in una città che per conformazione
e per storia ingloba tutta una serie di altre anime etniche,
linguistiche e culturali?
Noi
non portiamo avanti idee nazionalistiche, ma idee patriottiche, la
differenza è ben evidente: nazionalismo ha l'idea di sovrapporsi
alle altre anime culturali della città, noi non vogliamo
assolutamente questo. Vogliamo però che venga riconosciuta
l'italianità che da sempre contraddistingue Trieste nel massimo
rispetto delle minoranze che riteniamo debba essere assolutamente
garantito.
In
questi ultimi giorni, soprattutto sui medium di comunicazione del
web, la percezione è che i toni si stiano alzando in maniera
pericolosa e rischiano di portare a uno scontro oserei dire civile
fra concittadini, anche a fronte dell'inadeguatezza delle risposte
delle istituzioni sulla questione.
Assolutamente
sì: si sta creando una vera e propria frattura sociale. Partendo
dalla mia considerazione personale che la stragrande maggioranza
della società civile triestina si senta abbastanza estranea a
quest'idea ormai passata di isolazionismo e indipendentismo che non
sarebbe sostenibile per una città come Trieste per come è
strutturata sia geograficamente sia economicamente, l'innalzamento
dei toni è preoccupante, soprattutto dal punto di vista della
discriminazione che determinate persone stanno portando avanti nei
confronti di tutto ciò che è italiano (in un'uscita stampa
l'abbiamo definita “italofobia”). Ciò è pericoloso non tanto
perché abbiamo paura che un ipotetico TLT possa essere istituito: ci
preme impedire che idee anti-italiane vengano tramandate di
generazione in generazione, perché questo sì, sarebbe antistorico.
Sull'ipotesi
del TLT il Movimento Trieste Libera è, invece, molto chiaro: dal
punto di vista giuridico ci sono i documenti che ne sanciscono
l'effettiva esistenza. Come vi ponete a riguardo?
Noi
partiamo dal presupposto che ci poniamo come riferimento
dell'italianità della città. Le prove giuridiche non avrebbero
senso nemmeno di esser presentate in quanto illustri esperti di
diritto internazionale, come Udina, si sono già espressi ampiamente
sulla questione, che è stata chiusa con la stipula del Trattato di
Osimo del 1975 con la quale la Repubblica Italiana e quella Jugoslava
hanno deciso di delimitare con dei confini – perché questo dice il
tratto – i due Stati. Ci stiamo adoperando per smentire anche noi
le prove giuridiche anche perché molte persone illuse da promesse
irrealizzabili stanno mettendo a rischio anche i propri risparmi non
volendo pagare le tasse in nome di uno Stato che non è mai esistito,
ricordiamolo.
Il
15 settembre avete manifestato, citando il vostro volantino, «per
chi crede nonostante tutto nella Patria distinguendola dal degrado
della politica affaristica». Quali sono secondo voi le ricette per
ridare a Trieste un ruolo di preminenza sociale, culturale ed
economico?
Crediamo
che un rilancio economico passi prima di tutto dalla presa di
coscienza di quello che Trieste può e dovrebbe fare. Crediamo che
movimenti che propugnano il TLT giochino un po' allo scaricabarile
riversando tutte le responsabilità sullo Stato Nazionale non volendo
prendere le responsabilità che la città dovrebbe prendersi. Da 60
anni viviamo in una società civile frammentata sia politicamente sia
socialmente, e questo è stato l'ostacolo principale che non ha
permesso alla città di svilupparsi.
Anche
per quanto riguarda il Porto Franco?
Senza
entrare in materia economica, l'utilizzo del porto non è stato
incentivato né implementato a causa soprattutto dell'insipienza e
dell'incapacità delle istituzioni locali e regionali.
Per
concludere: quali sono i progetti di Trieste Pro Patria? L'attività
continuerà?
Certamente.
La nostra attività non è legata all'esistenza di qualcun altro,
teniamo a sottolinearlo. A breve renderemo pubbliche altre nostre
iniziative e speriamo che quante più persone amano questa città e
questo Paese ci seguano ricordando che noi non portiamo avanti
istanze partitiche e politiche e che il nostro comitato ha una
carattere eterogeneo e siamo aperti a tutti.