Il 26 giugno la Lega Nazionale e Trieste Pro Patria
hanno organizzato congiuntamente la presentazione di questo importante
lavoro, che riassume i temi trattati in un convegno, con i contributi di
Paolo Sardos Albertini, Lorenzo Salimbeni, Paolo Radivo, Ivan
Buttignon, William Klinger, Mattia Zenoni, Andrea Vezzà, Michele
Pigliucci.
Il 12 giugno '45 i titini lasciano Trieste, ma la città di San Giusto visse gli anni successivi sotto il segno di quel terrore.
"E se tornano i titini?" sarà la domanda angosciosa che peserà fino al
26 ottobre '54, quando ci saranno finalmente i soldati d'Italia a
garantire contro il ritorno degli uomini con la stella rossa.
Questo il tema di fondo ed il filo conduttore di questo prezioso libro, che però affronta approfondimenti di diversi e specifici aspetti di quel periodo, da parte dei giovani studiosi che collaborano con la Lega Nazionale. Nella presentazione svoltasi presso la Lega Nazionale, il Presidente della Lega Sardos Albertini e Gabriele Bosazzi di Trieste Pro Patria hanno illustrato ai presenti i contenuti salienti di questo lavoro, evidenziando spunti di riflessione interessanti ed originali, che vanno ben al di là dalle consuete e più generiche trattazioni di quel delicato periodo storico.
Riportiamo di seguito alcuni dei passi che riteniamo più interessanti.
Tratto dal saggio di Ivan Buttignon "L'abbandono della dichiarazione
tripartita e la linea filo-jugoslava degli alleati (1950-54)"
IL VESCOVO ANTONIO SANTIN
Mons. Antonio Santin, Vescovo di Trieste e Capodistria, ha pronunciato
il primo giorno dell'anno (1950), in San Giusto, una allocuzione, nella
quale egli rileva come "sotto la maschera di una distensione che è pura
ipocrisia, continuano in zona B le spietate persecuzioni contro
la Chiesa (...) Lo scopo cui tendere dovrebbe essere l'evacuazione
della zona B da parte delle truppe jugoslave e la loro sostituzione con
quelle alleate. Ma vorranno intervenire i governi di Londra e di
Washington? Tutto fa ritenere di no, ché da essi, purtroppo, la tragedia
della zona B non è minimamente sentita. Né il governo italiano sembra
prendere a cuore, come forse potrebbe, la tristissima sorte di questi
disgraziati fratelli".
Tratto dal saggio di Paolo Radivo "Ritorno a metà"
IL MEMORANDUM DI LONDRA
Il paragrafo 9 disponeva che il Memorandum sarebbe stato comunicato al
Consiglio di sicurezza dell'ONU. Ciò avvenne lo stesso 5 ottobre 1954.
Nessuno degli stati firmatari del Trattato di Pace protestò, nemmeno
l'URSS (come invece temevano americani e britannici) accettando così
implicitamente la cancellazione degli articoli 4 (confini tra Italia e
TLT), 21 (istituzione del TLT) e 22 (confini tra Jugoslavia e TLT),
nonché gli allegati VI (statuto permanente del TLT), VII (strumento per
il regime provvisorio del TLT) IX (disposizioni tecniche relative al
TLT), X (disposizioni tecniche e finanziare relative al TLT) e degli
ultimi 6 articoli dell'VIII (strumento per il porto franco di Trieste).
Tratto dal saggio di Andrea Vezzà "Il ruolo della destra triestina tra
il 1945 e il 1954"
LE GIORNATE DEL 1953
A pagare il prezzo più alto delle tre giornate di rivolta è il M.S.I.
Quattro dei sei caduti gravitavano nel partito, che vede anche la
propria sede devastata dall'irruzione della Polizia Civile in cerca di
armi - che regolarmente non trova - e molti dei propri iscritti
arrestati o costretti a darsi latitanti oltre confine.
Nuovamente le autorità angloamericane attribuiscono alla destra tutte
le responsabilità degli incidenti, accusandla anche della preordinazione
di un violento piano insurrezionale. Ma il M.S.I. non ha la forza né la
volontà di scontrarsi in piazza con un esercito straniero. Si trova
semplicemente coinvolto in prima fila nella reazione a una provocazione
che è andata troppo oltre e per questo motivo ha versato più degli
altri il proprio tributo di sangue alla seconda Redenzione di Trieste.